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In questi mesi, oramai quasi due anni, alcuni colleghi psicologi e/o psicoterapeuti si sono interrogati su quale fosse il loro ruolo. Come è noto, gli Ordini degli psicologi, sia quello nazionale che quelli regionali, sono stati e sono allineati con tutte le misure proposte, e più spesso imposte, dal governo.
Questa è la posizione istituzionale presa dai rappresentanti della nostra categoria; posizione che probabilmente rispetta l’opinione di molti colleghi ma – ci teniamo a sottolinearlo – non di tutti.
Nel maggio 2020 tre colleghi, gli psicologi Silvia Salese e Luca Bertolotti e lo psichiatra Paolo Fanni, hanno redatto un comunicato volto a sottolineare le conseguenze che le misure intraprese inevitabilmente avrebbero avuto (e difatti hanno avuto) sulla salute psicologica, e pertanto anche su quella fisica. In poche settimane il comunicato (https://comunicatopsi.org) è stato sottoscritto da settecento colleghi e inviato alle istituzioni e oggi ha superato i mille firmatari. Alcuni di noi firmatari hanno sentito l’esigenza di riunirsi, per capire come potere essere concretamente di aiuto alla cittadinanza impaurita. Inizialmente è stata creata una chat di discussione dalla quale, in poche settimane, è nato un primo gruppo più attivo, formato da alcuni dei membri firmatari del ComunicatoPsi ma da esso autonomi. Ci siamo dati il nome di Sinergetica – Movimento di Libera Psicologia (https://sinergeticapsi.org). Grazie al confronto creatosi all’interno del Movimento, molti di noi in questi mesi hanno divulgato (sia a mezzo di pubblicazione di articoli e di libri, che in conferenze, interviste e altri interventi publici) la nostra libera visione di cosa sia la psicologia e di quale debba essere oggi il suo ruolo clinico e sociale.
Riteniamo che, in nome di quella che il filosofo Giorgio Agamben (1995) chiama “nuda vita”, siano stati messi in secondo piano proprio quegli aspetti che rendono la vita degna di essere vissuta e che, in quanto tali, sono alla base di una reale salute psicologica. La nostra è una posizione umanistica che contrappone ciò che abbiamo chiamato Vera Umanità (Tangocci, 2021) a quella che è stata chiamata “nuova normalità” e nella quale francamente non ci riconosciamo. Tale prospettiva recupera il significato etimologico di “psiche”, dal greco psyche (ψυχή), “anima”, e ne rifiuta l’odierna traduzione riduzionistica in “mente”. Ci riteniamo in primo luogo e soprattutto degli accompagnatori di anime e di ciò crediamo che oggi più che mai ci sia necessità. Una prospettiva che oggi è sicuramente controtendenza e che richiede quindi di essere ripercorsa.


Un po’ di storia
Come è noto, per millenni l’oggetto di studio della psicologia, la vita interiore dell’uomo, è stato pertinenza di filosofie e religioni e fino all’epoca moderna non si è sentita le necessità di una disciplina autonoma. Con l’affermarsi della supremazia dell’importanza attribuita alla scienza e il declino di quella riconosciuta alla dimensione religiosa e a quella filosofica, lo studio dell’animo umano è stato gradualmente sottratto a queste ultime, cui sono state concesse solo, rispettivamente, la dimensione morale e la riflessione teorica. Convenzionalmente la psicologia è fatta nascere come scienza con gli esperimenti di Wilhelm Wundt e da allora – si può dire – l’ossessione della disciplina è quella di apparire scientifica. Col tempo, come è accaduto a ogni scienza, la psicologia si è parcellizzata in sotto discipline e si è focalizzata su tutto ciò che è misurabile. Perdendo però in tal modo sempre più di vista – a nostro avviso – proprio l’insieme dell’animo umano e quegli aspetti di esso che per loro natura non sono misurabili, ma non per questo sono meno reali e importanti.
Un percorso analogo, ma diverso, è quello che ha portato la cura delle problematiche psichiche da svolto prevalentemente dalle figure religiose a pertinenza dei professionisti sanitari. Inizialmente i primi a sovrapporsi ai religiosi nel trattare problematiche psichiche sono stati i medici, tali infatti erano i primi ipnotisti clinici e poi medici erano i primi psicoanalisti, come pure lo sono stati i fondatori della terapia cognitivo-comportamentale e quelli di gran parte dei nascenti orientamenti psicoterapeutici.
D’altronde, questi sono gli strumenti che avevano principalmente a disposizione gli psichiatri prima dell’introduzione delle terapie psicofarmacologiche e pertanto non può certo stupire che fossero di loro pertinenza. Col tempo tuttavia l’interesse intorno alla psicoanalisi, e più in generale alle psicoterapie, ha valicato quello prettamente medico e ha raggiunto il grande pubblico. Così per alcuni decenni le conoscenze psicologiche e psicoterapeutiche sono state patrimonio di tutti e, a prescindere dalla propria formazione, chi le sentiva sue ha potuto esercitarle al di fuori del contesto clinico. Solo con la legge 56 del 18 febbraio 1989 la professione di psicologo, e l’eventuale specializzazione in psicoterapia, sono state sottoposte a ordinamento e quindi al soddisfacimento di specifici requisiti. Infine, il 22 dicembre 2017, con l’approvazione del DDL 1324 (il cosiddetto DDL Lorenzin), che all’art. 4 prevede il riordino di alcune professioni, lo psicologo è diventato una professione sanitaria.


La situazione odierna
Quest’ultimo passaggio secondo noi sancisce la tendenza in corso da tempo di (ri)avvicinare la psicologia a una visione patologizzante propria della psichiatria e al conseguente ricorso a protocolli standardizzati, oggi chiamati “evidence based”, per trattare ogni disagio psichico, compresi talvolta quelli che altro non sono che dei semplici momenti di difficoltà esistenziale. La moderna terapia psicologica, partita dalla medicina, dopo alcuni decenni di apertura, ha oggi chiuso il cerchio ed è tornata, anche formalmente, a una prospettiva sanitaria che oggi tuttavia include anche aspetti che alla sua origine non erano presenti e che in essa hanno confluito nei decenni in cui ha potuto esprimersi liberamente. Tutto ciò a dispetto del paradosso che, come categoria, il passaggio a professione sanitaria ci vincoli a obblighi derivanti, come esempio recente ne è l’obbligo vaccinale nonostante il setting del lavoro psicologico non preveda contatti interpersonali superiori a quelli che intercorrono, per dirla una, tra un agente immobiliare e i suoi clienti; senza al contempo riconoscerci a pieno il ruolo sanitario, come potrebbe essere stato se la tanto discussa e mai seriamente presa in considerazione istituzione dello psicologo di famiglia fosse divenuta realtà o, ancor più semplicemente, se una certificazione diagnostica da noi legalmente redatta fosse riconosciuta per giustificare l’assenza da lavoro, come avviene in presenza di una certificazione medica.
Il vero problema tuttavia è l’avere perso di vista quella componente della psicologia che solo forzatamente può essere ricondotta a una professione sanitaria. Lo psicologo opera legittimamente anche in ambito che sanitario lo è realmente, e non unicamente perché così è stato definito, ma a ben vedere per lo più allo psicologo si rivolgono persone sane che cercano un accompagnamento competente nel comprendere meglio la propria esistenza. Il confine tra essere anche una professione sanitaria e essere tout court una professione sanitaria rischia di essere troppo labile e troppo limitante appare di conseguenza lo spazio di libertà nel rapportarsi agli aspetti psichici non strettamente patologici.
Tali limiti, come abbiamo visto non nuovi, sono emersi con estrema chiarezza nel corso di questo periodo emergenziale nel quale la posizione ufficiale della nostra categoria si è allineata in toto alle posizioni governative, rinunciando a fornire ogni contributo critico che la nostra professionalità avrebbe potuto – e dovuto – offrire. In generale, in ogni ambito del pubblico dibattito, in questo periodo le critiche (costruttive) sembrano essere state sostituite dalla dogmatica adesione a un pensiero unico. Un pensiero che, pur proclamato come scientifico, appare tuttavia e proprio in virtù della dogmaticità con cui è presentato un pensiero scientista, dal sapore neopositivista e che oggi, poiché ampiamente smentito dall’epistemologia, avrebbe dovuto essere anacronistico. Purtroppo siamo costretti a constatare che così non è. Il che dispiace in generale, ma dispiace doppiamente in riferimento alla nostra categoria, poiché proprio gli psicologi hanno la formazione e le competenze che potrebbero e dovrebbero aiutarli in un’analisi più approfondita della situazione sociale. Noi troviamo pertanto grande difficoltà nel sentirci rappresentati e nel riconoscerci nelle posizioni ufficiali assunte dalla categoria.


Una nuova proposta
Per tutti questi motivi sentiamo il bisogno di recuperare dal vasto “universo Psi” quegli aspetti che non sono sanitari ma bensì di accompagnamento alla comprensione di sé come individui dotati di un corpo, di un’anima e di uno spirito. Non stiamo pensando a derive New Age, né tantomeno a sovrapporci al ruolo di officianti religiosi, o a quello di guru spirituali. Quello che abbiamo in mente non è altro che recuperare e fare nostro il vero significato etimologico di “psyche”. Certo, esistono già numerose figure di counselor, spiritual coach, o altre diciture che più o meno indirettamente si occupano di aspetti esistenziali, noi tuttavia ce ne differenziamo sostanzialmente per essere tutti dei dottori in psicologia e/o specializzati in psicoterapia e avere pertanto ben altra formazione, esperienza e competenze. Si potrebbe obiettare che già esistono le figure di psicologi e di psicoterapeuti e di fatto noi stessi attualmente lo siamo, eppure al contempo sentiamo il bisogno di differenziarci da ciò che è stato fatto confluire in tali etichette, senza configurare alcun abuso professionale per chi volesse disiscriversi dall’Ordine poiché intendiamo ridefinirci intorno a aspetti che non sono sanitari ma, in estrema sintesi “di sostegno all’anima”. Con i colleghi di Sinergetica, Movimento di Libera Psicologia, stiamo redigendo un manifesto che presenterà e definirà il nome nel quale abbiamo scelto di riconoscerci. Di questo però parleremo nel prossimo numero di L’Altra Medicina.


Bibliografia
Agamben, G. (1995). Homo sacer: il potere sovrano e la nuda vita. Torino: Einaudi.
Tangocci, B. (2021). Umanità sotto scacco. Riflessioni filosofiche, psicologiche e scientifiche per affrontare lo stato di emergenza. Torino: Il Leone Verde.

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